Carlo D’Ajello ha per oltre quindici anni detto agli altri come comportarsi per fare funzionare il loro business. Prima nella consulenza, poi in banca. Adesso è lui in prima linea.
Napoletano, ingegnere con MBA, quarantadue anni, è dalla scorsa estate amministratore delegato di RCR Cristalleria Italiana, l’ex Calp, di cui sta seguendo il processo di turnaround.
Che ruolo può avere una società di consulenza all’interno di un piano di ristrutturazione?
Siamo in una fase delicata di riorganizzazione, una società di consulenza strategica non potrebbe mai sostenere il lavoro di motivazione che deve arrivare dall’interno. Ora dobbiamo ricostruire lo spirito di team, ci sono ruoli chiave che lasciano posto a competenze fino ad oggi accantonate e che abbiamo rimesso in primo piano. In particolare, persone sul fronte commerciale e strategiche per il mercato. E’ evidente che il consulente non ci può sostituire. Altro discorso riguarda consulenze specifiche su temi tecnici. Ci stiamo avvalendo dell’assistenza del gruppo MPS per la parte finanziaria e abbiamo attivato consulenze ad hoc su temi specifici quali le ristrutturazioni societarie, le relazioni industriali, la due diligence sugli asset acquisiti.
Lei ha raggiunto il suo nuovo incarico da direttore marketing e comunicazione di MPS Finance, la banca mobiliare del gruppo; come è avvenuto il passaggio dalla banca ad un incarico di turnaround?
MPS, la banca creditrice più impegnata, ha stimolato la ristrutturazione e ne ha affidato l’operazione a un uomo con un’esperienza trentennale in turnaround: Giuseppe Garofano, attuale presidente di RCR.
Serviva a quel punto una presenza operativa in loco che fosse garante dei diversi interessi, con profilo non solo finanziario ma anche industriale e di tipo generalista. Ritengo che a mio vantaggio abbiano giocato anche gli anni di consulenza, in società di consolidata fama, come Value Partners.
Dopo dieci anni di consulenza (GEA, Ernst & Young Consultants e Value Partners) è passato in Mps net, una start up incubator tecnologico del gruppo bancario MPS, ed è poi entrato nella holding del gruppo bancario.
Potendo ripartire da zero, quale delle tre esperienze modificherebbe: consulenza, banca o internet?
Non rinuncerei mai agli anni di consulenza, straordinariamente formativi.
La banca l’ho effettivamente fatta poco e non come avrei preferito: per due anni in funzione di staff. Avrei preferito farla o nel corporate finance o nella holding su ruoli di front end, ma all’interno ritenevano che la mia impostazione di consulente fosse più adatta al business development. Solo negli ultimi due anni sono passato, ma per pochi mesi (poi è arrivata Calp), a una funzione di linea.
MPS net non era esattamente Internet; era una realtà a cavallo tra merchant bank-holding di partecipazioni industriali e provider di servizi applicativi. In realtà è stato un flop per una serie di errori strategici dell’allora alta direzione. Ma è stata per me un’esperienza di start up, fondamentale per la mia formazione. Mi mancava giusto il tournaround.
In consulenza, dopo GEA e dopo il master, ha sperimentato un modello di nicchia, nella consulenza per le PMI del Mezzogiorno, come è andata?
Male, a riprova che nemo profeta in patria. In realtà avevamo sviluppato un bel portafoglio di clienti e proprio quando si stava passando da una fase di economia assistita a quella di mercato, il governo tagliò i fondi straordinari al mezzogiorno. L’azienda è fallita e ho ricominciato da capo.
Lei dopo la laurea in ingegneria ha fatto il master alla SDA Bocconi: lo rifarebbe? Pensa che anche oggi sia consigliabile?
A me, ingegnere, è servito per integrare materie che non conoscevo. Oltre all’aspetto puramente didattico è stata per me una scuola di vita, un sano bagno di umiltà. Appena uscito da ingegneria con il massimo dei voti e dopo un biennio di lavoro in una prestigiosa società di consulenza, ho capito che dovevo giocarmela con altri.
Oltre a questo ho creato una rete di amicizie, poche ma solide. Credo che il master continui a servire per costruire un network di amici e relazioni. Non so ora se sia meglio in Italia o all’estero, io ho studiato molto e bene.
Con questo tipo di percorso, quali sono le sfide principali nel ruolo attuale?
La prima è concretizzare il rilancio nel 2008/2009, ricostruire il consenso dando motivazione ed entusiasmo in un’azienda che ho trovato in stato di abbandono e in clima di resa. Questo da un punto di vista “intangible”; dal lato delle cose concrete da fare per recuperare la quota di mercato bisogna agire su due leve: spinta sul commerciale e riduzione di costi.
Per un profilo come il mio è importante misurarsi con questa concretezza. Avendo già fatto tutte queste cose in società leader, dalla consulenza alla banca, devo ora declinarle in una condotta d’azione. D’altra parte, penso che questo fosse già parte del mio percorso: non mi sono mai sentito un consulente classico, più che suggerire ho sempre provato a fare.