Dallo scorso anno responsabile dell’area risorse umane e comunicazione di ThyssenKrupp Elevator Italia, Luca Villa, classe 1964, ha sviluppato tutta la sua carriera nelle risorse umane. Si è formato in grandi aziende: Bull, Eni, Panasonic, ed è poi passato a una società che ha fatto il suo ingresso in Italia quattro anni fa ed è ora in fase di consolidamento, in un mercato di cui il nostro paese detiene il primato: quello degli ascensori.
Esiste ancora la war for talent?
Direi di sì, soprattutto per i profili più tecnici. I giovani ingegneri sono una risorsa molto ambita. Il nostro gruppo ha un percorso di inserimento per i neo laureati, un master di specializzazione per l’industria ascensoristica che è organizzato nella nostra corporate business school a Madrid, la SEED School (Specialized Education for Executive Development). Questo master prevede diversi programmi di formazione sostanzialmente indirizzati a due sbocchi, commerciale e tecnico-gestionale. Dopo il master, nove mesi di formazione, i giovani vengono inseriti in una delle società del gruppo, in Italia o all’estero. Queste risorse, così come gli alti potenziali a livelli più senior, sono oggetto di percorsi di carriera interna che hanno lo scopo di valorizzarne la professionalità. Non c’è da stupirsi che la concorrenza sia molto interessata ai nostri talenti, anche se, grazie proprio agli investimenti nello sviluppo del personale, il turnover di questa popolazione è decisamente basso.
Quanto è internazionale il recruitment per una azienda come la vostra?
Assumiamo italiani con l’obiettivo di trovare individui con una cultura globale, in grado di interfacciarsi con i nostri head office europei. Cerchiamo giovani disposti a muoversi e, il percorso stesso di inserimento, si completa con un periodo di lavoro presso un’altra consociata. Abbiamo, a titolo di esempio, giovani spagnoli e portoghesi che trascorrono periodi di lavoro significativi in Italia.
Employer branding: se ne parla tanto ma si fa davvero?
Non abbiamo ancora sviluppato qualcosa ad hoc.
E nelle sue passate esperienze l’ha fatto?
Anche in passato ho sempre avuto la fortuna di lavorare in aziende con un brand forte, e il nome era di per sé una forte attrattiva per il candidato.
Lei ha iniziato nel 1988 in Bull occupandosi di organizzazione, formazione e sviluppo del personale. Dal 1991 al 1995 ha assunto la responsabilità dell’organizzazione e dello sviluppo del personale delle consociate estere AGIP, poi ha fatto due anni in Kodak come vice direttore risorse umane. Infine, nel 1997, è entrato in Panasonic da direttore risorse umane dell’Italia e, dal 2004, è diventato human resources manager di Panasonic Computer Products Europe.
Tra queste aziende ne può indicare una, in particolare, che abbia fatto scuola per lei?
Tutte, in modo diverso, mi hanno dato un’impronta.
In Bull, già negli anni Ottanta, c’erano sistemi di formazione e struttura del personale sofisticati. Si faceva valutazione delle posizioni, c’era l’MBO, si faceva analisi organizzativa dei ruoli in modo serio e anche compensation con precisione.
ENI è un’azienda molto strutturata, con un business di natura sostanzialmente stabile. Lì ho avuto la possibilità di preoccuparmi dello sviluppo risorse umane in modo articolato, con attività di valutazione delle prestazioni, del potenziale e definizione dei piani di sviluppo di carriera.
Infine, in Panasonic, dove un aspetto molto curato è quello delle comunicazioni interne ed è molto forte la condivisione della missione dell’azienda, della visione, dei valori, dei principi e dei piani d’azione, ho perfezionato l’uso delle relazioni. Sono convinto che la comunicazione interna sia una leva fondamentale per una buona gestione dell’azienda e per motivare le persone.
Lei è laureato in economia aziendale con specializzazione in organizzazione e gestione del personale: già da studente aveva individuato il suo obiettivo di carriera nelle HR.
Al secondo anno ho scelto la specializzazione. Trovo il nostro lavoro complesso e vario. Nell’azienda il personale è la risorsa meno predeterminabile. Per me è una missione. E’ importante pensare che, facendo bene il mio lavoro, aiutando le persone a svolgere bene il loro compito, contribuisco a creare un ciclo virtuoso dell’azienda. Inoltre, dato che il lavoro è uno degli aspetti principali della vita di ognuno, favorire le condizioni per un’attività serena, ha delle ricadute positive anche sul privato.
Non è sempre facile.
Il momento attuale mi sta dando grosse soddisfazioni personali, sono in un’azienda in forte sviluppo. Ma ho lavorato in situazioni in cui c’era necessità di fare downsizing. Lo stimolo, in quel caso era trovare il migliore compromesso tra le esigenze dell’azienda e l’aiuto da dare ai singoli.
Esiste un gap di formazione manageriale nelle aziende italiane?
Io ho sempre lavorato in grandi aziende e, nella grande azienda, mediamente, no. Ho sempre trovato una formazione tecnica e manageriale di buon livello, anche paragonata a quello di inglesi, francesi e tedeschi. Altro discorso riguarda la realtà della piccola/media impresa, che sto toccando con mano.
In questo caso troviamo persone che hanno una fortissima vocazione imprenditoriale, uno spirito di gruppo e un senso di appartenenza all’azienda spesso non riscontrabile in realtà di maggiori dimensioni. Per contro, di rado le persone hanno ricevuto una formazione manageriale. Questo, in contesto competitivo sempre più globale, nel lungo termine può costituire un gap per la piccola-media azienda italiana.
Quali sono le vostre iniziative al riguardo?
Facciamo formazione a tutti i livelli. Da quella tecnica per il montaggio e per i servizi di manutenzione, a quella commerciale.