E’ stato veterinario e poi gelataio (per mantenersi durante gli MBA a Parigi e New York) prima di approdare nel mondo della multinazionale. Fabrice Leclerc, 36 anni, ha iniziato come area shop manager in Häagen Dazs fino a diventare, in meno di 10 anni, amministratore delegato di General Mills Italia. Oggi lavora ad un progetto per il master in “Fashion experience and design” alla SDA Bocconi.
Come mai, diventato veterinario, ha deciso di ricominciare tutto da capo frequentando scuole di management?
Pur amando molto gli animali mi sono accorto che avrei vissuto in un mondo troppo piccolo e limitato, avevo voglia di viaggiare, conoscere nuove culture e di aprire la mia mente. Parlando con amici mi hanno consigliato di entrare in gruppi internazionali facendo un periodo di training nelle scuole di management. Ho fatto un BA di preparazione alla scuola di management di Glion per poi potermi iscrivere all’MBA all’E.S.S.E.C. a Parigi e poi a quello di CORNELL a New York.
Poi è entrato in Grand Metropolitan; com’è andata e come sono avvenuti i diversi passaggi di funzione?
Durante i due MBA lavoravo nei fine settimana negli shop di Häagen Dazs, tre mesi prima della fine del master. Grand Metropolitan, il gruppo di cui il marchio fa parte, mi ha offerto l’opportunità di diventare responsabile del Sud Europa. Nel 1993 Häagen Dazs era in piena fase di start-up. Il mio compito è stato inizialmente quello di sviluppare il Portogallo e la Spagna, controllando localmente la qualità e trasferendo il modello definito dall’HQ di Parigi. Poi via via ho svolto le stesse mansioni in Grecia e Medio Oriente, lavorando molto di più sulla parte di sviluppo del business, cosa che mi ha portato ad incontrare il direttore sviluppo business europeo e a lavorare con il suo team diventando un general manager itinerante. Con questo team abbiamo aperto punti vendita in Russia, Benelux ed Austria, e sono stato nominato responsabile della Scandinavia.
Cosa deve fare un’azienda americana per riuscire a penetrare nei mercati europei?
Prima di tutto deve avere apertura di spirito, perché non si può pensare di conoscere un paese senza viverci. In un gruppo multinazionale ci vogliono delle persone internazionali oppure persone che abbiano la capacità di inserirsi rapidamente in un ambito o una cultura che non è la propria. Infine, deve saper proporre prodotti che siano in linea con quelli che la cultura è capace di accettare.
Cos’è cambiato per lei nelle varie fusioni che hanno coinvolto le aziende per cui ha lavorato?
In realtà è cambiato solo il gruppo, io sono sempre rimasto nella stessa struttura. Nel 1997infatti Grand Metropolitan si è fusa con Guinness creando il gruppo Diageo che in questo modo è diventato il più grande gruppo mondiale dei premium drinks. Poi nel 2001 General Mills ha acquisito la divisione food di Diageo, cioè Pillsbury, di cui io nel 1998 gestivo i marchi Häagen Dazs, Gigante Verde, Pillsbury, Old El Paso e Burger King.
Com’era la situazione dei marchi quando è diventato country manager di Diageo Europe e poi managing director di General Mills Italia?
Era abbastanza difficile. Il Gigante Verde era appena uscito dal mercato dopo trent’anni di presenza, Old El Paso, leader del tex-mex, in Italia era poco presente, Pillsbury non esisteva e Häagen Dazs aveva avuto grandissimi problemi, con in più un blocco di tutto il mercato dato che più dell’80% della distribuzione era controllata da Nestlé e Unilver. In cinque anni abbiamo avuto una performance eccellente, ho ricevuto un premio della Nielsen come best young food company sul mercato italiano. Häagen Dazs è l’unico gelato rimasto sugli scaffali della grande distribuzione a questo livello di prezzo e qualità, il Gigante Verde ha avuto una fortissima crescita e Old El Paso sta procedendo bene, tenendo presente che il tex mex è una nicchia nella nicchia, è un mercato molto di moda e si sa che in Italia una moda non tiene a lungo.
Secondo lei, nella crescita professionale nelle aziende in cui è stato, conta di più l’aspetto di brand management o quello operations/retail?
Non saprei, non sono molto classico nel mio approccio brand, consumer, product oriented, per me sono cose che non significano molto. Mi comporto molto più come un imprenditore che sta tentando di lanciare degli stimoli innovativi che colpiscano al cuore. Ovviamente non potrei fare un progetto del genere solo per divertirmi, serve a rafforzare il brand per poter aumentare le vendite. Nel caso di Häagen Dazs, quando sono arrivato in Italia il mercato era molto chiuso, anche dal punto di vista logistico, e non ho avuto l’opportunità di entrare in maniera diretta. Ho dovuto cercare dei canali alternativi che non esistevano sul mercato, e non pensare in termini di canali di distribuzione, ma di momenti di consumo per introdursi pian piano nel cuore della gente. Un esempio è stata l’attività di co-marketing sviluppata con AirOne offrendo il gelato sui voli, o la creazione con Alberto Alessi e Miriam Mirri della coppa da gelato per eccellenza, oggi considerato il più bel progetto nel mondo del gelato.
Se potesse scegliere, preferirebbe sviluppare brand del settore fashion/luxury o del settore mass market?
La mia sensibilità è senz’altro molto applicabile al settore fashion e luxury. So che su un progetto del genere sono capace veramente di creare delle cose belle. Adesso il mass market, con il rapporto con la grande distribuzione, la negoziazione dei prezzi e gli sconti di fine anno, non lo trovo più molto interessante.