E’ la dinamicità del mercato in cui opera, l’aspetto che più lega Paolo Degl’Innocenti al suo lavoro. Degl’Innocenti, trentotto anni, è dallo scorso marzo direttore della divisione PCD – personal computer division – di IBM South Region (Italia, Grecia, Turchia, Israele, Spagna e Portogallo). Il primo incarico da executive arriva nel ’97 quando assume la responsabilità della filiale Win-Bback Italia, nel ’99 entra nella divisione PCD come direttore vendite canale e nel 2001 diventa direttore vendite Italia. Il suo ingresso in Big Blue è dell’89, fresco di una laurea in Scienze Economiche e Bancarie a Siena.
<b>Una carriera tutta in IBM.</b>
Arrivato all’IBM di Firenze la cosa che mi ha affascinato di più è stato il training velocissimo. Ho avuto un esordio di carattere tecnico-sistemistico, installavo quelli che allora venivano chiamati 3090, i sistemi operativi sui grandi sistemi e così ho costruito basi tecnologiche molto importanti.
In tredici anni di IBM ho avuto la fortuna di una rotazione di lavoro abbastanza veloce, così i primi due anni ho fatto l’esperienza da sistemista. Poi sono passato alle vendite dove mi sono occupato di diversi ambiti: ho seguito clienti competition nell’area Win-Back, quella cioè di acquisizione di nuovi clienti di fascia alta, poi ho seguito la parte di clienti acquisiti. Poi dalle vendite, circa cinque anni, sono passato al marketing, a Milano, dove mi occupavo di sistemi Unix.
<b>Un percorso articolato: da sistemista al commerciale e poi al marketing. E’ tipico in IBM?</b>
In realtà c’è un fil rouge che lega tutte le mie esperienze. Sono passato al marketing grazie al lavoro di vendita. Quando nel’99 sono entrato nell’universo pc, ci sono arrivato per occuparmi di canale. E io venivo da un’esperienza di vendita nella divisione Small e Medium Business, dove il rapporto con il canale è un aspetto molto importante. Quindi, è vero che ho avuto una discreta job rotation, ma sempre nell’ambito di competenze intersecate. Ci sono comunque altri esempi di colleghi che hanno maturato esperienza lavorative molto simili alla mia. Certo è diverso per chi sceglie specializzazioni di tipo sistemistico o consulenziale.
<b>Esistono problemi di skill shortage nella sua area e nei singoli paesi? </b>
Non è possibile generalizzare, ogni paese ha una storia a sè. Si va da Israele dove il vero problema è motivare le persone a lavorare in un ambiente politico e sociale molto difficile, al mercato greco, piuttosto che a quello turco, così altalenante con dei grandi balzi in avanti, come domanda, e in tempi estremamente brevi dei grandi balzi indietro, assolutamente non preventivabili.
In Italia non ho grandi problemi perché la mia divisione già da alcuni anni ha seguito una politica di crescita in un gruppo con competenze tecniche e commerciali.
<b>Quali sono, invece le personalità obsolete nel suo settore?</b>
Quelle che non si sono ancora adeguate al cambiamento di domanda nel mercato del computer. Ed è un cambiamento degli ultimi dodici mesi. La logica di prodotto “statico” inteso come un pezzo di ferro con caratteristiche di targa e prezzo non ha futuro. Le professionalità che mi servono sono quelle che hanno capito il messaggio e stanno rinfrescando le loro skill per imparare che cosa sia la proposizione di valore e che sappiano portare un’offerta creando il valore e facendo percepire al cliente il valore della soluzione.
<b>Qual è lo scenario competitivo nel suo settore? e quali sono le relative sfide in ambito HR?</b>
Questo è l’aspetto più affascinante del mio lavoro. La competizione, gli attori, cambiano ogni sei mesi e per affrontare il mercato bisogna avere dei meccanismi di controllo che settimanalmente inviano delle indicazioni, dei sentori. Una dinamica del genere non l’ho rilevata in nessun altro lavoro. L’altro aspetto profondamente affascinante riguarda il meccanismo di causa effetto ed i suoi tempi. La ripercussione positiva o negativa di una determinata mossa si misura quasi immediatamente. Questa dinamica è un elemento fortemente qualificante.
Quanto alle risorse umane, per quanto mi riguarda posso contare su un gruppo di persone con cui collaboro da qualche anno. Loro capiscono quali sono i tempi necessari e quali le azioni da attuare, riescono ad interpretare in prima battuta le reazioni, e la “pressione da risposta veloce” è stata ormai assimilata.
<b>Ha sempre lavorato in Europa, per una multinazionale americana, non ha mai cercato di andare negli Stati Uniti? </b>
L’Europa è un mercato estremamente interessante ed è molto più stimolante perché eterogeneo. In Europa ci sono nazioni come Germania e Inghilterra che, come atteggiamento dei clienti e come offering sono piuttosto simili agli Usa, e nazioni come Italia e Francia che si appoggiano a canali diversi. E questa diversificazione è molto appagante.