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Valeriano D’Urbano – Consulenza, palestra per il manager

Dodici anni nella consulenza in Andersen Consulting (ora Accenture), poi nel ’95 il passaggio in azienda, alla Banca Popolare di Ancona, del gruppo Banca Popolare di Bergamo Credito Varesino, di cui è vice direttore generale. Parliamo di Valeriano D’Urbano, da un anno anche amministratore delegato di Coralis, marketplace per le pmi, che dichiara finita l’era dei ‘garage boys’, confermando la centralità del manager senior in un ruolo di guida e sviluppo nella new economy.

Ha esordito nella consulenza e già da allora si è avvicinato al mondo bancario. E’ stata una precisa scelta o un caso?

Un caso. Ho cominciato con progetti per l’industria, poi sono passato ad un primo lavoro per una banca, cui ne è seguito subito un secondo e da lì è partito un meccanismo tipico per la consulenza. Si acquisisce esperienza nel settore di una industry particolare e, inevitabilmente, la società di consulenza prende a “venderti” per la specializzazione acquisita. Nel mio caso per quella finanziaria. Sono rimasto nelle banche occupandomi di aree su cui Accenture era leader: innanzitutto la tecnologia, poi organizzazione, marketing, controllo di gestione; in una sfera non solo operativa ma anche, soprattutto negli ultimi anni, strategica.

Cosa le ha lasciato l’esperienza di consulente?

La formazione, il metodo, la ricerca continua della qualità, l’approccio ai problemi e l’attenzione alle relazioni, sia all’interno, con i partner, che all’esterno, con i clienti. La soddisfazione del cliente è la leva principale del business di una società di consulenza, l’abitudine a questa dinamica è una dote che ho ritrovato utile anche nelle esperienze successive.

Quando?

Sin dai tempi del mio ingresso alla Banca Popolare di Ancona, nel contatto con gli imprenditori locali. Nel centro Italia, dove opera la banca, ci sono moltissime piccole aziende nate dalle capacità di imprenditori che hanno conquistato i mercati esteri con la classica valigetta in mano, affermando un prodotto di qualità tipico del made in Italy, in particolare nelle Marche, pensi, per esempio, a marchi come Genny, Della Valle, Cucine Scavolini.

E come è stato avvicinarsi ad un contesto locale?

E’ stato traumatico lasciare la consulenza, una condizione quasi di free-lance per essere catapultati in una realtà che sicuramente ha dei vincoli, talvolta di spazio, talvolta di obiettivi specifici dell’azienda. Quando sono arrivato, l’istituto era già entrato nell’orbita nazionale del gruppo Banca Popolare di Bergamo, e ciò mi ha dato maggiori garanzie e un certo ottimismo perché, prima o poi, il respiro sarebbe stato più ampio, come poi è avvenuto. Anche se, comunque, mi sono trovato di fronte ad un’azienda fortemente radicata sul territorio che è cresciuta proprio mettendo a frutto valori ed energie locali.

Con Coralis si è avventurato nel mondo della new economy. Quali sono, secondo lei, le aree di debolezza delle Internet company?

La scarsa seniority del management e la scarsa focalizzazione sugli economics, così come le metriche usate per valutare le variabili di quest’ultimo tipo. La new economy è stata intesa inizialmente come un grande luna park dove i ragazzini potevano entrare e mettere i soldini nella slot machine per tirar fuori una montagna di soldi. E’ capitato che qualcuno facendo un po’ di pagine html, qualche motore di ricerca, all’improvviso si sia trovato in mano della ricchezza, altri ragazzi hanno poi tentato la via dell’emulazione. In realtà la new economy è una strada importante da percorrere per ogni azienda, ma è comunque un business “as usual” con la potenzialità di nuove tecnologie che va cavalcato con capacità e con managerialità. Possiamo pertanto dire che è finito il tempo dei “garage boys”, si riafferma il modello basato su strutture manageriali consistenti.

Le banche oggi sono attive grazie ad Internet anche in settori molto diversi da quelli tradizionali, quali opportunità hanno?

In realtà le opportunità sono tantissime, a partire dalla riduzione dei costi con strumenti di one to one marketing. Internet è il mezzo per arrivare anche alla clientela non acquisita perché il contatto costa veramente poco.

E i rischi?

Da parte della banca, di sottovalutare il potere del mezzo, ignorando i vantaggi che il web offre ai clienti. Ormai il consumatore si sta acculturando e richiede sempre più soluzioni che privilegino la comodità, la disponibilità di informazioni e la velocità di risposta. E’ rischiosa anche la sfasatura di strategie e di ambiti d’azione tra i canali virtuali e quelli fisici. Ad esempio una corretta strategia multicanale non deve sottostimare quanto i funzionari della rete fisica, siano assolutamente possessivi e gelosi del rapporto con i loro clienti.

Ritornando al tema della seniority, qual è, secondo lei, il modo giusto di costruirla?

Per me è stato importante il passaggio dalla consulenza all’azienda. E l’esservi rimasto cinque anni per acquisire l’esperienza necessaria ad un’iniziativa importante e delicata come quella di Coralis. Nonostante l’impegno sia rilevante, il percorso che consiglio a qualsiasi giovane appena laureato è un’esperienza in una società di consulenza e una in azienda, non importa in che ordine.

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