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Tomaso Quattrin: la net economy a scuola da Big Blue

Da un’esperienza trentennale in IBM alla presidenza di una net company. Questo l’itinerario che ha portato Tomaso Quattrin ad Altoprofilo dopo essere stato dal 1995 al 1998 amministratore delegato e direttore generale di IBM Semea e di IBM Italia e presidente dal 1996 al 1999 e, per sette mesi, amministratore delegato di SEA Società Esercizi Aeroportuali. Quattrin ha raccontato ad ExecutiveBoard le sue passate esperienze e il suo entusiasmo per questo nuovo incarico.

Trent’anni nella stessa azienda cosa hanno significato?

Sono stati tre decenni di apprendimento e formazione continui: ho acquisito un metodo che si è rivelato valido anche in altri contesti. Nel corso degli anni IBM ha dovuto affrontare inevitabili trasformazioni, ma ha saputo mantenere uno stile inconfondibile. Chiarezza dei ruoli, importanza dei processi, necessità di un sistema di “check and balance”, di valori etici: posso affermare che siano queste le parole chiave di un codice di condotta ispirato all’integrity che segna le persone e entra nel sistema di lavoro di ogni giorno.

IBM mi ha anche insegnato a porre grande attenzione al valore culturale e umano dell’organizzazione con meccanismi di evoluzione e di formazione, meccanismi premianti, meccanismi di carriera, sui quali ho cercato di innestare una dimensione orientata all’uomo.

Le esperienze internazionali, in Italia, Francia, Stati Uniti e come responsabile delle attività nel bacino del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa, hanno poi completato il mio arricchimento.

Lei è partito dalla divisione legale, poi è passato a quella commerciale. Come mai?

Per crescere, dovevo scegliere: o uscire da IBM per continuare a fare l’avvocato, oppure dedicarmi completamente alla società in tutte quelle funzioni che non avevo ancora conosciuto con responsabilità diretta.

Le manca il mondo IBM?

Mi mancano gli anni della gioventù, ma guardo avanti. In questo senso non ho recriminazioni: ho imparato molto dalle cose del passato.

Personalmente ritiene che IBM abbia reagito tardi ad Internet?

Assolutamente no. IBM ha capito subito il fenomeno Internet, è stata fra i pionieri e ha mantenuto una posizione di leadership anche culturale. Chi ha reagito tardi sono altri: lo stesso Bill Gates fino al ’96 era su un’altra direzione e ha dovuto poi fare marcia indietro.

Oggi lei è presidente di Altoprofilo: che cosa si aspetta da lei la società?

Altoprofilo è una società giovane. Quello che gli azionisti mi hanno richiesto e quello che io spero di potere apportare trae forza proprio dalla mia lunga esperienza, cioè anni di contatti nel mercato insieme alla necessaria flessibilità.

In una società come Altoprofilo, i capitali maggiori, oltre al know how tecnologico, sono rappresentati dalle persone. Credo di essere, tra i “vecchi”, uno capace di parlare ai giovani e che ha sempre cercato di fare lavorare le squadre. Anche se ho sempre gestito grandi ristrutturazioni, non credo che passerò alla storia come un “tagliatore di teste”, piuttosto come una persona che ha cercato di costruire anche quando si dovevano ridurre le risorse.

Quanto è coinvolto emotivamente in questa avventura?

Mi coinvolge molto la novità e soprattutto il contatto con i giovani.

Altoprofilo è a Milano e a Boston. Perché due sedi?

E’ in parte una coincidenza. Uno dei soci fondatori, Giuseppe Taibi, è legato all’Università di Boston. Grazie a ciò Altoprofilo può mantenere una finestra sul mercato americano e soprattutto sull’ambiente della ricerca nordamericana. Senza dimenticare l’opportunità di stipulare accordi e alleanze di avanguardia.

Una breve esperienza in SEA: qual è l’eredità di questi sette mesi trascorsi come amministratore delegato?

E’ una eredità a due facce. Molta soddisfazione legata al mio operato di tutti i giorni e alla risposta positiva che ho avuto dall’intera azienda.

Gli aspetti negativi sono altri. Sea è una SpA e quindi va gestita secondo certi criteri e certi principi di corporate governance; se non si riesce a mantenere questo tipo di codice non si può operare correttamente.

Come giudica lei la professionalità di chi, solo pochi anni fa, duplicava CD ed ora ricopre il ruolo di CEO, CFO, Content manager?

Non mi scandalizza minimamente un’evoluzione di questo genere. Credo che oggi sia molto più facile e naturale poter corredare una professionalità di base con altre competenze, deve però essere una crescita che tiene fede ai fondamentali. La caratteristica di questi anni è senza dubbio la velocità con cui accadono le cose. Viviamo anzi in un paradosso: abbiamo a disposizione mezzi potentissimi dai quali potremmo ottenere il massimo delle informazioni, ma la necessità di “bruciare i tempi” a volte ci costringe a decidere più cose nell’arco di 30 secondi. E il rischio è di cadere nella superficialità.

Sullo sfondo di queste evoluzioni, è sempre opportuno avere anche “on board” qualche professionista di quelli solidi e tradizionali che costituisca un elemento di equilibrio, pur con la prontezza e la flessibilità richieste dal nostro tempo.

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